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E dunque la diplomazia sembra capitolare di fronte al “tintinnare delle armi”.

Ieri sera Putin ha deciso, in una lunga conferenza stampa, di riconoscere il Donbass, che comprende la regione di Luhansk e quella di Donetsk, con una popolazione di circa 5ML di abitanti, di cui circa 1 ML con passaporto russo, con i 2 capoluoghi (in cui vive circa l’80% della popolazione, 2,3ML a Donetsk, 1.9ML a Luhansk) già sotto il controllo dei separatisti. Il riconoscimento offre la possibilità a Putin di schierare le proprie truppe “a difesa” dell’area contro la minaccia dell’esercito ucraino di “reimpossessarsi” dei territori contesi. Va detto che la popolazione si era espressa, con un referendum popolare non riconosciuto dal Governo ucraino a favore dell’indipendenza. Non dimentichiamo che, circa 8 anni fa, sorte analoga era toccata alla Crimea, zona ben più strategica, visto l’affaccio sul Mar Nero, annessa alla Russia sulla base di una “presunta” volontà popolare.

All’epoca l’occidente si limitò ad alcune sanzioni in ambito economico-finanziario: venne stilato un elenco di aziende a cui venne proibito di “fare affari” con la Russia, oltre che un elenco di persone a cui venne vietato l’ingresso sul territorio comunitario.

La situazione oggi, anche a causa di quanto successo nei 2 anni di emergenza sanitaria, è, da un punto di vista economico, leggermente diversa. Elemento di certo non sfuggito a Putin che, probabilmente, cerca di “rompere” il fronte. Già, all’interno della UE, si notano atteggiamenti diversi, tra chi, come la Germania (forti sono gli interessi economici della potenza teutonica in Ucraina), spinge per un minor rigore, e chi, come i paesi Baltici, ex Repubbliche sovietiche, chiede risposte severe. Per non parlare degli USA, determinati a punire pesantemente la Russia.

Per il momento, peraltro, rimangono in calendario l’incontro tra i 2 ministri degli esteri, Blinken e Lavrov, che si vedranno giovedì a Ginevra e, soprattutto, quello tra Biden e Putin, che potrebbe svolgersi, sempre a Ginevra, già domenica.

Il filo, per quanto sottile, quindi non si è ancora spezzato.

A questo guardano, certamente con una diffusa apprensione, i mercati. La giornata di ieri e la nottata asiatica sono state, come prevedibile, contrassegnate dalle vendite: clamoroso il tonfo di Mosca, con l’indice in caduta libera (oltre – 10%). Pesanti le ripercussioni sul rublo, che ha perso oltre il 2% sul $ e sull’€.

Le preoccupazioni maggiori riguardano le forniture di gas: le riserve attuali consentirebbero all’Europa di arrivare ad aprile. Il rischio, quindi, è un’ulteriore impennata dei prezzi, con il petrolio che potrebbe volare a $ 120-140: già ieri se ne è avuta un’avvisaglia, con un balzo di oltre il 3%.

Per non parlare delle ripercussioni sulla crescita. I dati di questi giorni ci danno un quadro non “idilliaco”: la Germania, per esempio, nell’ultimo trimestre 2021, ha avuto un calo, un po’ a sorpresa, dello 0,7%, entrando, almeno temporaneamente, in recessione tecnica (ma il 1° trimestre dell’anno dovrebbe “risollevare” le sorti della prima economia europea). Ma anche altri Paesi, come il nostro o la Francia, quelli che, nel 2021, hanno ottenuto i risultati migliori (la Francia è cresciuta del 7%, il miglior risultato degli ultimi 52 anni), stanno facendo i conti con gli aumenti vertiginosi delle materie prime e, ancora e sempre, delle strozzature sulle forniture. Ecco perché la cautela, da parte delle Banche Centrali, è d’obbligo: la “morsa” inflazione, aumento dei tassi, crisi geopolitica rischia di affossare quanto di buono è stato fatto in questi ultimi anni.

Come accennato, mercati negativi nella notte asiatica: Nikkei – 1,7%, Shanghai – 0,96%, Hong Kong – 2,96%, ancora una volta “zavorrata” dai titoli tecnologici. Male anche Seul, che scende di circa l’1,5%.

Futures tutti, per il momento, in “profondo rosso”, con cali diffusi tra l’1,50% (Dow Jones) e il 2,5% (Dax).

Più controllato il movimento del Vix, a ridosso dei 30 punti, ma, per ora, non così negativo come i futures potrebbero far pensare.

Petrolio che continua la corsa iniziata ieri: questa mattina troviamo il WTI a $ 93,5, + 3.6%.

Gas a $ 4,610, + 3,72%.

Si muove al rialzo anche l’oro, che torna di prepotenza sopra i $ 1.900 (1.915, + 0,71%).

Spread che continua a soffrire: questa mattina tocca i 172bp, per un rendimento appena sotto il 2%, visto il concomitante rafforzamento del bund tedesco.

Rafforzamento che, come prevedibile, coinvolge anche il $, con €/$ che scende sotto l’1,13, a 1.1297.

Fase difficile per il bitcoin, che scivola anche oggi del 6%, portandosi sotto i $ 37.000.

Ps: oggi il Ps si tinge da “rivista di gossip”. La coppia da “Mulino Bianco” Ilary Blasi-Francesco Totti pare giunta al capolinea. Anche quella che sembrava una coppia immagine della felicità deve fare i conti con la realtà dei “comuni mortali”. Un’altra certezza che viene meno.

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ultimo aggiornamento: 22-02-2022


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